Pietro viene crocifisso sulle pendici del colle Vaticano – che ospitava, tra l’altro il circo Vaticano, che fu teatro delle feroci
persecuzioni di Nerone contro la nascente comunità cristiana
di Roma. Dopo l’esecuzione, alcuni discepoli «raccolsero tra
le lacrime il corpo crocifisso di Pietro e lo portarono sul colle
Vaticano avvolgendolo di speranza e deponendolo in una
semplice fossa scavata nella terra. La basilica di San Pietro
nasce per custodire questa storia e per dare voce al sangue
versato da Pietro e da un’intera generazione di discepoli del
Signore» (cfr. A. Comastri, San Pietro. In cammino verso la
tomba dell’Apostolo, San Paolo Edizioni, 2009, pp. 9-10).
Si deve sottolineare che la crocifissione era la modalità di
esecuzione per i condannati privi della cittadinanza romana.
Con la costruzione della Basilica di San Pietro – centro universale
della cristianità – sulla tomba del primo Papa designato
da Gesù Cristo, si realizza anche fisicamente il passaggio
del Vangelo: «E Gesù gli disse: «Beato te, Simone,
figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te lo hanno
rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io a te dico: Tu
sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le
potenze degli inferi non prevarranno contro di essa. A te
darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai
sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai
sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,17-19).

3. La Conversione di Saulo (San Paolo). L’immagine riportata
nella seconda tela coglie la situazione di qualche
secondo dopo l’abbagliamento avuto da Saulo di Tarso
sulla via di Damasco (collocabile temporalmente tra il 33 e
il 35 d.C.): «Mentre era in cammino e si avvicinava a Damasco,
improvvisamente gli sfolgorò intorno una luce dal
cielo. Caduto a terra, sentì una voce che gli
diceva: “Sàulo, Sàulo, perché mi
perseguiti?” (…)» (At 9,3-4).
E in questa tela si può apprezzare nella sua
grandezza la maestria del Caravaggio, nel
bloccare l’immagine in una plastica “immobile
sospensione” del tempo e nel far intervenire
– oltre alla “Luce” divina – il cavallo,
che gioca un importante ruolo narrativo, nel
rappresentare il cambio intervenuto da
quell’incontro folgorante. Saulo subisce uno
stravolgimento della propria posizione dopo
essere stato abbagliato dalla fortissima luce
(che lo rende |
provvisoriamente cieco), disarcionato
dal cavallo e buttato a terra. '
Nel
disegno, a sua volta, Saulo viene salvato
dal cavallo che potrebbe calpestarlo con la
zampa alzata, mentre dialoga con la
“Luce”: «Egli domandò: Chi sei, Signore? E
il Signore: Io sono Gesù, che tu perseguiti.
Egli, tutto tremante e spaventato, disse: Signore,
che vuoi che io faccia? Il Signore gli
disse: Alzati, entra nella città e ti sarà detto
ciò che devi fare» (At 9,5-6). In questo preciso
momento, Saulo diviene un Apostolo di Gesù Cristo.
Caravaggio, attraverso l’espediente dell’imponente figura
del cavallo, fa comprendere il cambiamento di “status” di
Paolo, da una condizione di potere e di preminenza (sopra
il cavallo) ad una ben più umile di sottomissione (alla mercé
anche del cavallo). L’artista, inoltre, nella tela dipinge Saulo a terra con le braccia aperte a forma di croce, dopo
aver perduto con la caduta anche l’elmo con la piuma bianca,
la spada e l’ampio mantello arancione (simboli del suo
potere di soldato romano).
Alcuni critici dell’arte ritengono che le scelte iconografiche
del Caravaggio avrebbero altri contenuti di natura simbolica:
il porre al centro del dipinto il cavallo dovrebbe simboleggiare
l’irrazionalità del peccato; lo scudiero rappresenterebbe la ragione;
la luce invece sarebbe il simbolo della grazia divina
che irrompe nelle tenebre del peccato (il fondo scuro).
Dopo la condanna a morte Paolo si accomiata con una serena
riflessione: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato
la corsa, ho confermato la fede» (2 Tm 4,7).
L’apostolo Paolo, in quanto cittadino romano, subisce il
martirio per decapitazione che avviene (secondo la maggioranza
degli storici) il 29 giugno dell’anno 67 d.C., nella
zona nota come “alle Aquae Salviae”, nei pressi della via
Laurentina, oggi posta all’interno del perimetro dell’Abbazia
Cistercense delle Tre Fontane di Roma. Il corpo venne successivamente
trasferito sulla via Ostiense in un cimitero pagano
sul quale sorse inizialmente un piccolo Oratorio, che
con i secoli si ampliò sino a divenire l’odierna Basilica di
San Paolo fuori le Mura.
4. Il ruolo della “luce”. Nei capolavori di Caravaggio uno
dei ruoli principali viene giocato dalla “luce”; si può benissimo
dire che la sua sia una vera e propria “iconografia
della luce”, che si fa prepotentemente spazio in scenari
solitamente molto scuri, che riconducono al “buio delle tenebre”.
Ebbene, rimirando questi due
capolavori vengono alla mente
le prime righe della prima
Lettera Enciclica di Papa
Francesco dal titolo «Lumen
fidei», emanata proprio il 29
giugno 2013 in occasione
della solennità dei Santi Apostoli
Pietro e Paolo. «La luce
della Fede: con quest’espressione,
la tradizione della
Chiesa ha indicato il grande
dono portato da Gesù, il quale,
nel Vangelo di Giovanni,
così si presenta: “Io sono venuto
nel mondo come luce,
perché chiunque crede in me
non rimanga nelle tenebre”
(Giovanni 12,46). Anche San
Paolo si esprime in questi termini:
“E Dio, che disse: ‘Rifulga
la luce dalle tenebre’, rifulge
nei nostri cuori” (2 Cor
4,6). (…)» (LF, 1).
Nell’Enciclica si può cogliere un altro appropriato passaggio:
«Il Signore, prima della sua passione, assicurava a
Pietro: “Ho pregato per te, perché la tua fede non venga
meno” (Lc 22,32) …» (LF, 5) assicurazione che sembra
leggersi negli occhi del vecchio Pietro adagiato sul suo
crocifisso in balia degli aguzzini. |